AIUTAMI AD AMARTI

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    TITOLO: AIUTAMI AD AMARTI
    AUTORE: Aresian
    RATING: FOR ALL
    BREVE SUNTO: Ambientazione: Post Episodio VI "Il ritorno dello Jedi". Il difficile confronto tra Anakin e Leia, padre e figlia che debbono riuscire a dialogare, cercando di obliare il ricordo di Darth Vader..
    CONTIENE SPOILER: NO
    GENERE: Classico/Sentimentale
    PERSONAGGI: Leia Organa - Luke Skywalker - Anakin Skywalker/Darth Vader - altri.

    ***

    Star Wars, Anakin Skywalker, Obi-wan Kenobi, Yoda, Padmé Amidala, Luke Skywalker, Leia Organa Skywalker, Han Solo e tutti gli altri personaggi sono © di George Lucas, LucasFilms Ltd e Twentieth Century Fox. Queste fanfictions soono state scritte per puro diletto, senza alcun fine di lucro. Nessuna violazione al copyright si ritiene, pertanto, intesa.

    __ :*: AIUTAMI AD AMARTI :*: __

    __ :*: Parte I :*: __


    By Aresian.

    PREMESSA: Questa fanfictions è il seguito naturale di “IN NOME DEL PADRE”, suggerisco pertanto la lettura della medesima.

    ---------------------------

    Un’altra giornata giungeva al termine. Il tramonto rossastro di Coruscant tingeva, con i suoi vividi colori sanguinei, le pareti dell’appartamento di Leia Organa Solo, Cancelliere Supremo della Repubblica. Con un sospiro stanco, la donna richiuse la porta della stanza alle proprie spalle, premendo con un dito il piccolo tasto, semi nascosto sulla parete, che attivava la vetrata scorrevole della terrazza panoramica. Aveva bisogno di ritrovare un po’ di calma e serenità. Quel pomeriggio, come accadeva ormai quasi incessantemente da mesi, in Senato si era consumata l’ennessima “rissa” verbale tra i rappresentanti dei Sistemi della Cintura Esterna con i “Fautisti”, nuova fazione di burocrati incalliti che insabbiavano, con una sequela di emendamenti da far accapponire il pelo ad un wookie, per qualsivoglia banale decisione di ordinaria amministrazione, figuriamoci quando si trattava di discutere lo stanziamento di nuovi fondi per aiutare l’economia e l’integrazione di quei Sistemi disgraziati, che più di altri avevano subito le angherie e le sopraffazioni dell’Impero Galattico. Era stanca di tutta quella politica spicciola, di quella burocrazia inutile e fuorviante. Quasi quasi rimpiangeva i suoi viaggi perigliosi a bordo del Millenium Falcon, quel pezzo di ferraglia che l’aveva scorazzata in qua e in là per mezza Galassia.
    “Principessa., principessa….”.
    Leia sorrise lievemente, mentre una ruga d’irritazione solcava la sua fronte spaziosa. C3-PO non avrebbe mai perso il vizio di rendere una semplice comunicazione una sorta di affare di stato da sbandierare ai quattro venti.
    "Che cosa c’è, 3PO?” chiese voltandosi verso il dorato robot protocollare.
    “Perdonatemi, altezza. Ma il Generale Solo ha appena avvertito che non gli riuscirà di rientrare per questa sera, pare che il Millenium Falcon abbia avuto una piccola avaria…” iniziò a dire il zelante droide.
    Leia aggrottò maggiormente le sopracciglia, e quando mai? Doveva convincere Han a mandare in pensione quel rottame ambulante. Il Falcon era una bella nave, ma con una decina di anni di volo di troppo.
    “Ho capito. Vorrà dire che, anche questa sera, cenerò da sola. Notizie di mio fratello?” chiese poi, tornando verso l’interno dell’appartamento, lasciando la vetrata aperta, mentre i suoni ovattati del traffico perenne della città permeavano l’aere.
    “Ah, bhè, secondo il Generale Calrissian ha lasciato Bespin circa due ore fa” rispose ossequiosamente il droide.
    “Capisco”.
    A conti fatti, invidiava un po’ sia Han che Luke che continuavano, con una scusa o con l’altra, a girovagare di Sistema in Sistema. Detestava quell’ozio forzato a Coruscant, le stava stretto come un guanto di una misura troppo piccola.
    “C’è altro?” chiese dopo un attimo, improvvisamente la presenza del simpatico e zelante robot le risultava quasi fastidiosa.
    “O no, altezza”.
    “Bene, Se non ti spiace preferirei stare sola” disse infatti, in tono deciso.
    Il droide dorato si affrettò ad obbedire, sparendo in pochi istanti, con un sferragliare delicato e musicale al contempo, oltre la porta di ingresso.
    Ignorando il senso di fastidio opprimente che l’avvolgeva, come un silente e pesante mantello, Leia si avviò verso la camera da letto che, da un paio d’anni, divideva con il compagno, per l’ennesima volta miseramente vuota.
    “Che diamine mi prende, adesso. Perchè questa malinconia?” si domandò, a bassa voce, studiando il proprio riflesso nell’elaborata specchiera d’angolo. Un istante, come un rapido frullare d’ali d’un colibrì, una fugace visione si rese compagna del suo sembiante. Un volto d’uomo.
    “Ma cosa?” sbottò la donna, studiando con attenzione lo specchio che ora riportava, solamente, com’era sensato e giusto che fosse, la sua immagine.
    “Devo essere più esaurita di quanto non pensassi” bofonchiò la donna, sconcertata. Ci mancava solo che avesse le allucinazioni.
    Una sana e rigenerante doccia la rimise in pace con il mondo e con se stessa, tanto che le riuscì di gustarsi la cena, servita da un zelante droide cameriere, in totale solitudine con come unico compagno il panorama mozzafiato del quale si godeva dalla terrazza. Il crepuscolo aveva lasciato, da poco, spazio alle prime ore della nottte, e il cielo stellato brillava maestoso sopra Coruscant, in concorrenza con le mille luci dei suoi palazzi. Verso mezzanotte, annoiata dall’attesa, tanto era palese che Han non sarebbe rientrato prima del giorno seguente, decise di ritirarsi nella stanza da letto e godersi una meritata vacanza tra le braccia di morfero. Erano almeno due settimane che non le riusciva di dormire bene. Il suo sonno era perennemente disturbato da sogni, da ricordi che si ostinava a reprimere oltre il proprio inconscio, ma che nel sonno, evidentemente, tornavano a galla con prepotente precisione. Non lo aveva detto a Han, e a dirla tutta non avrebbe neanche saputo come spiegarglielo. Non sapeva nemmeno lei perché all’improvviso, dopo più di due anni, avesse iniziato a fare sogni su Darth Vader, su colui che Luke le aveva rivelato essere il loro padre. Non erano veri e proprio incubi, opprimenti, solo vaghe sensazioni, turbamenti, legati al ricordo di quell’uomo che aveva odiato, con tutta l’anima, per tutta la sua esistenza e che ora non sapeva come diamine considerare. Forse era realmente solo stanca. Le continue beghe intestine del Senato avevano sfibrato la sua capacità diplomatica, nonché la sua pazienza. Spesso si sarebbe più sentita a suo agio con un folgoratore in mano che non a dover schivare le insinuazioni velenose di qualche burocrate arrivista. La penombra calò presto nella stanza silenziosa e il solo respiro lento e regolare della donna turbò la quiete di quel luogo…

    Si svegliò di soprassalto, qualcosa l’aveva turbata. Una percezione inconscia ma tangibile, ne era certa. Quelle strane percezioni che, secondo Luke, derivavano dalla sua inconscia ricerca della “Forza” che lei si era ostinatamente rifiutata di voler comprendere ed apprendere. Forse, l’ennesimo modo per tenere lontano il ricordo del padre, giacchè era da lui che aveva ereditato, a detta del fratello, quelle facoltà. Facoltà che non comprendeva e che pertanto la… spaventavano. Lei non era come Luke, al riguardo, non ambiva affatto conoscerle a fondo, fondersi con esse. Comunque fosse, esse facevano parte di lei e a volte, come nel sonno, o in particolari e impreviste circostanze di tensione, esse emergevano a sua totale insaputa, e al di fuori del suo stesso controllo. Quella era una di quelle circostanze. Con un vago senso di allarme si tirò su a sedere, tra le coltri. Era sola nell’ampio letto, com’era plausibile, giacchè Han non era, di fatto, rientrato. Eppure avvertiva una sensazione stranissima, era come se qualcuno fosse penetrato nell’appartamento e la stesse osservando. Senza esitare, la donna aprì un cassetto del comodino, accanto al letto, ed afferrò la pistola laser che, da sempre, era sua compagna. Essere Cancelliere Supremo aveva vantaggi ma anche il malsano difetto di rendere bersaglio di possibili attentati e lei non era tanto ingenua e sprovveduta da confidare solo nella sicurezza delle guardie repubblicane. Con la vestaglia bianca, che fluttuava come una nuvola morbida e silente, intorno al suo corpo, rendendola al pari di una ninfa eterea nel pallore della semi-oscurità, scese cautamente dal letto e si avviò oltre la porta della stanza, a ispezionare l’ampio vestibolo. Questi era celato nell’oscurità della nottte, ma la luce di Coruscant, che filtrava dall’ampia vetrata era sufficiente a svelare gli angoli dei mobili e le loro ombre. Dopo un’accurato esame dell’area circostante, Leia si rilassò, evidentemente a ridestarla era stato solo un rumore, niente di più. Non c’era nessuno… Per poco non le sfuggì un grido quando, voltandosi per tornare nella propria stanza, intravvide la figura di un uomo, alto e magro, poco discosta dalla vetrata, all’altezza della porta che conduceva al piano inferiore, una figura che inspiegabilmente appariva circondata da un alone luminescente anche se non le riusciva di metterla a fuoco.
    “Fermo dove sei, si può sapere come diamine hai fatto a entrare?” chiese poi, riacquistando subitamente il proprio sangue freddo. In fondo aveva una pistola laser in mano e l’uomo, il cui volto era ora visibile, non aveva l’aria di essere armato. E poi, non sapeva bene neanche lei il perché “sentiva” che non aveva intenzioni bellicose.
    Con lentezza, la figura si allontanò dalla parete, e si avvicinò al cono di luce che illuminava fievolmente il centro della stanza, mentre Leia continuava a tenerla sotto tiro. Fu così che alla donna fu concesso di mettere a fuoco i suoi tratti. Si trattava chiaramente di un giovane uomo, dai lineamenti decisamente accattivanti e virili atteggiati in un espressione di curiosa benevolenza.
    “La pistola non ti serve. Non sono una minaccia per te” disse all’improvviso, il timbro di voce basso e vellutato, quasi come una carezza.
    Con sconcerto Leia si rese conto che riusciva a “vedere” attraverso il corpo del giovane. Non le era mai capitato di assistere a niente del genere prima, e si che di popoli strani ne aveva incontrati parecchi nel corso della sua vita. Il suo sconcerto incrementò maggiormente quando il giovane le disse, in tono calmo.
    “Sì, il tuo intuito ti guida bene. Io sono uno spettro”.
    Leia provò una strana sensazione in fondo allo stomaco, prima di abbassare la pistola che, a conti fatti, non le sarebbe stata davvero di nessun aiuto. Come diamine si può uccidere uno che è già passato a miglior vita? Certamente si trattava di uno di quei sogni strani che la tormentavano, ecco tra poco si sarebbe svegliata nel proprio letto, magari dopo un bacio appassionato di Han, per scoprire che era stato tutto frutto della sua fantasia….
    Lo sconosciuto parve intuire i suoi pensieri perché disse “Non sei ancora pronta, è meglio che me ne vada” Parole pronunciate con dolcezza, mentre una strana espressione si dipingeva sul suo volto aristocratico, delusa e rasserenata al contempo, come se avesse considerato una prova difficile presentarsi al suo cospetto.
    “Pronta per cosa? Aspetta un attimo. Ma tu chi diamine sei? Come hai fatto…?” iniziò a chiedere la donna, che fosse un sogno o meno non le piaceva affatto l’idea di non conoscere l’identità di quel ragazzo.
    Un lampo di profonda sofferenza attraversò le iridi azzure del giovane sconosciuto, prima che questi rispondesse, semplicemente.
    “Le radici del dolore” e così come s’era manifestato svanì.
    Leia, frastornata e confusa si lasciò scivolare a terra, la pistola laser stretta tra le mani con tale spasmodica forza che le nocchie erano divenute livide per lo sforzo mentre, gli occhi sbarrati, continuava a fissare il punto in cui il giovane era scomparso. Luke le aveva spiegato che grazie alla “Forza” era possibile percepire anche i “non viventi” ma non si era certo aspettata, lei che aveva rifiutato di apprendere la via della “conoscenza” della stessa, di essere in grado di farlo. Era stata un’esperienza sconcertante, alla quale non era preparata. Che fosse quello che lo “spettro” aveva inteso dire? Doveva parlare con Luke, al più presto. Doveva ottenere una spiegazione logica per quello che era avvenuto quella notte, e soprattuto scroprire che cosa volesse quel ragazzo da lei.

    - continua -
     
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    __ :*: Parte II :*: __


    Luke Skywalker giunse a Coruscant nel tardo pomeriggio. Dopo avere lasciato all’hangar principale dell’astroporto il proprio X-Wing, ed avere noleggiato uno speeder azzurro e argentato, si recò direttamente verso la residenza privata del Cancelliere Supremo. Era preoccupato. Quando aveva ricevuto il messaggio di Leia aveva percepito in lei una profonda inquietudine. Non era stata molto eloquente chiedendogli, di fatto, semplicemente di recarsi al più presto a Coruscant, giacchè aveva urgente bisogno di parlare con lui di persona. Quando giunse a destinazione la sorella non era ancora rientrata, in compenso trovò ad attenderlo l’amico di sempre, Han.
    “Bentornato, Luke. Come ti vanno le cose, ragazzo? Ho saputo che ti sei recato su Bespin” disse il correliano con il suo solito modo di fare spiccio e sbrigativo, ma assolutamente cordiale.
    “Non posso lamentarmi. Comunque si, ho fatto un salto da Lando. E’ molto occupato a riorganizzare il sistema di sicurezza di Cloud City” disse il Jedi, sorridendo mite.
    “Già. Quel zuccone si è messo in testa di ripristinare tutto ciò che l’Impero aveva mandato a rotoli, Darth Vader in primis” disse Han, sedendosi sul confortevole divano, accavallando le gambe in una posa di assoluto relax. Con un’istante di ritardo si rese conto di avere nominato Vader, cosa che aveva appreso, presto, sapeva suscitare talune sconcertanti reazioni nei due gemelli. Vide un lampo attraversare lo sguardo di Luke, mentre si chinava a prendere la tazza di liquido rubino che gli aveva offerto.
    “Amico, mi spiace…” bofonchiò dopo un attimo.
    Luke rialzò la testa, lentamente, mentre gli occhi azzurri calmi e pacati scrutavano il volto teso dell’uomo che gli sedeva innanzi.
    “Non preoccuparti, Han. Non posso biasimarti per quello che provi nei confronti di mio padre. Al tuo posto credo che farei lo stesso” disse poi in tono pacato, sorseggiando la bevanda.
    Han sospirò pesantemente, prima di volgere lo sguardo verso la porta-finestra.
    “Non fraintendermi, Luke. So che era tuo padre e che tu, in qualche modo, lo hai perdonato. Per me è diverso, Darth Vader è sinonimo di sofferenza, per me stesso e per Leia. So che il suo ricordo la tormenta ancora. A volte pronuncia il suo nome nel sonno, e so che da tempo dorme molto poco e i suoi sonni sono disturbati da incubi continui…”
    “Non ne ero al corrente” lo interruppe il giovane Jedi, sollevando il viso con un lampo preoccupato negli occhi azzurri.
    “Oh, se per questo ufficialmente non so niente nemmeno io. Non ne ha parlato neanche con me” fu la risposta di Han, velatamente ironica e dispiaciuta.
    “Forse ho sbagliato a dirle la verità” sentenziò Luke, alzandosi in piedi. Si sentiva turbato, non voleva in alcun modo arrecare dolore a Leia eppure pareva che ciò fosse proprio accaduto. Se non gli avesse detto niente di Vader, lei avrebbe potuto sepellirne il ricordo già su Endor…
    “No, ragazzo. Io non credo. La verità, per quanto dolorosa e poco edificante, è sempre meglio di una pietosa menzogna. Tu hai trovato la strada per accettarla, anche Leia ci riuscirà, vorrei solo capire come diamine fare per aiutarla” fu la pronta risposta di Han.
    Luke annuì debolmente, prima di cambiare radicalmente discorso.
    “Hai per caso idea del perché mi ha convocato qui a Coruscant? Problemi con il Senato?” chiese infatti, mettendo i suoi doveri di Jedi al di sopra dei propri sentimenti, per il momento.
    “Spiacente, amico ma non ne ho idea. Vieni, devo fare un giro all’hangar, debbo verificare che Chewbacca non mi metta completamente fuori uso il Falcon” soggiunse Han, sorridendo apertamente, dando una robusta pacca sulla spalla del ragazzo, che prontamente si rilassò.
    “Con piacere”.

    Mentre R2-D2 si aggirava, bippando allegramente, intorno al tavolo con un vassoio ricolmo di ogni bendiddio, Luke consumava il proprio pasto in compagnia della sorella, del suo compagno e di Chewbacca. L’atmosfera era goliardica e amichevole, anche se Luke percepiva una sottile tensione. Quando aveva visto Leia, un paio d’ore prima, s’era convinto che un tormento interiore la scotesse nel profondo. Percepiva le sue insicurezze, i suoi dubbi e comprendeva che qualcosa di particolarmente importante l’aveva turbata nel recente passato. Han non possedeva facoltà Jedi ma gli sguardi che Leia gli lanciava erano segnali inequivocabili. Lo stava pregando di trovare una scusa plausibile e di lasciarla sola con il fratello. La cosa, in un certo senso, lo turbava. Avrebbe preferito scoprire egli stesso le ragioni di quel suo inspiegabile turbamento, ma era palese come lei non si sentisse, per ora almeno, di condividerli con lui. Forse i suoi problemi erano legati ai poteri Jedi di cui Luke si era professato convinto la donna fosse dotata…
    “Molto bene. Chewbe, andiamo a finire di sistemare il condotto della valvola di scarico del Falcon” disse gettando il tovagliolo sul tavolo, ottenendo in cambio un sorriso di pura gratitudine da parte di Leia ed un cenno di assenso da parte di Luke, mentre un grugnito del wookie segnalò il suo scontento per averlo allontanato, così presto, dalla tavola imbandita. Non appena i due uscirono, Leia si alzò in piedi e si avviò verso la terrazza, mentre i droidi sparecchiavano la tavola. Luke non tardò ad imitarla, tenendosi ad un paio di metri di distanza ed appoggiandosi ad una piglia, mentre la lieve brezza serale gli accarezzava i capelli. Quando anche l’ultimo droide lasciò la stanza, Leia si voltò verso il fratello. L’espressione del viso era estremamente seria.
    “Cosa penseresti se ti dicessi che ho avuto la visita di uno “spettro”?” chiese all’improvviso, in modo assolutamente diretto, cosa che contraddistingueva, da sempre, il suo carattere.
    “Che le tue facoltà si stanno affinando” rispose il giovane Jedi, mascherando la sorpresa per quell’affermazione.
    “E’ tutto quello che hai da dire?” sbottò Leia, evidentemente delusa dalla pacata sicurezza con la quale il gemello aveva accolto le sue parole.
    “So che al principio è sconcertante…” iniziò a dire il giovane Jedi, ma venne bruscamente interrotto dalla sorella.
    “Sconcertante? Starai scherzando spero. Mi sveglio nel cuore della notte e mi ritrovo nella stanza uno spettro luminescente che mi osserva. Non ho intenzione di divenire la Medium di Coruscant. Come diamine posso fare per evitare la loro presenza?” chiese infatti, in tono deciso.
    Luke sorrise lievemente. Era evidente che Leia non aveva compreso affatto quale fosse l’identità dello spettro che gli si era presentato.
    “Tanto per cominciare dovresti apprendere i rudimenti della “Forza”, in ogni caso sospetto che non fosse nelle sue intenzioni mostrarsi a te. E’ presumibile che avesse semplicemente deciso di restarti accanto” spiegò il Jedi, con pacatezza.
    “Starmi accanto? Ma di cosa parli?”.
    Luke si staccò dalla piglia, avvicinandosi lentamente. Nella penombra la sua figura appariva distorta e confusa. Per un attimo Leia rabbrividì, un’immagine che richiamava ai suoi occhi, innegabile, l’apparizione dello “spettro” un paio di sere prima. Luke avvertì nitidamente il suo sconcerto e comprese quanta tensione regnasse nella sorella.
    “Han mi ha detto che sei turbata, che il ricordo di Darth Vader ti perseguita…” iniziò a dire il giovane, posando con delicatezza una mano sulla spalla della donna.
    “Che cosa? … Non è vero. Io non ho problemi. Mi sono dimenticata persino che sia esistito” ribattè prontamente Leia, nascondendo il turbamento interiore. Non si era aspettata che Han fosse tanto sensibile, eppure il suo guascone scavezzacollo era realmente molto attaccato a lei. Questa constatazione non potè che farle piacere ma… lesse negli occhi di Luke che non lo aveva ingannato.
    “Percepisco i tuoi pensieri, Leia. Non puoi fingere con me. Anche lui se n’è reso conto, per questo è venuto da te” disse il giovane, scrutando attentamente le emozioni che scorrevano, fuggevoli, sul viso della sorella.
    “Lui chi? Ma di chi parli, Luke? Io ho visto lo spettro di un ragazzo, e non vorrei poterlo fare, e tu mi dici che è venuto per me?” sbottò Leia, scansando bruscamente la mano del fratello.
    Il Jedi sospirò. Aveva percepito la “sua” presenza da quando era arrivato ed ora sapeva che era lì con loro, non manifesto, e che osservava attentamente tutto ciò che stava accadendo. Evidentemente, confuso egli stesso dall’inespettata capacità di Leia di percepirlo, non aveva trovato il modo, o forse il coraggio, di palesarle la sua identità. Forse era giunto il momento che i due si conoscessero realmente.
    “Quel giovane, Leia, è Anakin Skywalker, nostro padre” si decise a dire alfine, spiazzando completamente la donna.
    “Cosa?…..”.
    L’incredulità era palese nel tono della donna, così come lo sconcerto che si dipinse nei suoi occhi nocciola quando lo spettro ignoto, che tanto l’aveva incuriosita e turbata, si manifestò nuovamente, poco discosto da Luke. Il momento del confronto era dunque, alfine, giunto anche se l’uomo non pareva palesemente convinto che fosse una buona idea.
    “Dovresti insegnare a tua sorella a controllare meglio le proprie emozioni, Luke. Non era previsto che potesse vedermi, o non sarei mai venuto, non è pronta per questo” disse il nuovo arrivato, scuotendo leggermente il capo, facendo oscillare i morbidi capelli color del grano.
    “Ho provato, padre ma non vuole sentire ragioni. Comunque sia non è giusto che tu continui a rimanere nell’ombra. E’ un diritto di Leia conoscerti per come sei realmente” disse Luke, sotto lo sguardo attonito della donna che, basita, non profferiva parola passando lo sguardo dall’uno all’altro. Era incredibile, a ben vedere, la somiglianza tra i due. Quelle iridi azzurre, pacate e cristalline nel fratello e vivide e profonde nell’altro. Quello era Anakin Skywalker? Ma non aveva senso. Darth Vader doveva avere più di quarant’anni, com’era possibile che quel giovane fosse il Sith che tanto aveva odiato?…
    “Potreste piantarla di comportarvi come se io non esistessi?” sbottò all’improvviso, riacquistando l’uso della parola.
    Vide il volto dello spettro contrarsi in una strana espressione, le labbra si erano atteggiate ad un lieve sorriso, mentre gli occhi si erano adombrati di un velo di tristezza e rimpianto. Una reazione che sconcertò più di mille parole. Uno sguardo che la urtò, e che la indusse a ribattere duramente.
    “Smettila di guardarmi in quel modo, non ne hai il diritto. In ogni caso, Luke ti sbagli. Non mi interessa affatto sapere chi lui sia. Darth Vader non era mio padre e questo è tutto” c’era rabbia in quelle parole, come nella lapidaria affermazione che seguì.
    “Per quanto mi riguarda puoi anche andartene e non tornare più”.
    Il solo pensiero che quel ragazzo fosse stato il mostro che aveva reso un’inferno, per anni, la sua esistenza, che fosse stato la concausa della scomparsa di molti amici e del suo amato pianeta Aldeeran era inacettabile. Non gli interessava conoscerlo, non voleva conoscerlo.
    “Leia…” il tono sommesso di Luke era addolorato, ma niente in confronto all’espressione dipinta sul volto di Anakin. Questo esprimeva un dolore e una sofferenza opprimenti, difficile ignorare quello sguardo colmo di rimpianto, ma la donna non parve rimanerne turbata e continuò a fissarlo, in volto, irata.
    “Lascia, figlio mio. E’ un suo diritto respingermi” fu la risposta dell’Imperituro mentre, con un breve gesto della mano, faceva cenno a Luke di non insistere. “Io sparirò Leia, se è questo che desideri ma ricorda Darth Vader è morto, rappresenta il passato, non lasciare che esso distrugga il tuo futuro. Quanto prima accetterai questa realtà, meglio sarà, per te e per tutti coloro che dipendono dalla tua forza e dalla tua capacità di giudizio. Sei il Cancelliere Supremo della Repubblica ora. Non restaurare quanto distrutto ma crea dalle ceneri che ho lasciato una nuova era di pace. Hai le doti per farlo” proseguì poi in tono pacato ma deciso, gli occhi azzurri fermi e vividi fissi in quelli della figlia che, tuttavia, parve accogliere con fastidio quell’affermazione, giacchè ribattè prontamente.
    “Non sarà la tua eloquente dialettica a convincermi a perdonarti per il male che mi hai fatto”.
    Il tono era freddo e distaccato. Volutamente la giovane si impose di non osservare il volto teso e rattristato del fratello. “Sentiva” che era dispiaciuto per quel diverbio che avrebbe voluto, in cuor suo, evitare ad entrambi ma lei non era facile al perdono come invece era stato Luke. Come diamine poteva pretendere, Anakin, di presentarsi a casa sua e chiedere che cancellasse il ricordo del passato, come se niente fosse mai accaduto? Era un ipocrita, ecco cos’era…
    L’ex Sith incassò l’invettiva della donna con una calma sconcertante. Era stato uno sbaglio manifestarsi a lei, e Luke non avrebbe dovuto forzare loro la mano. Leia non poteva dimenticare il passato, più che sanare ferite, la sua presenza aveva contribuito ad aprirne di nuove. Avrebbe dato qualsiasi cosa per aiutarla a superare il dolore, ma ora come in passato egli era impotente contro il fato e il destino che egli stesso aveva incautamente perseguito. L’errore era stato commesso molti anni addietro, agghiacciante ed imperdonabile, inutile tentare di raccogliere ora i cocci di un passato mai esistito se non nel suo tardivo affetto paterno. Risoluto, avanzò lentamente verso di lei, che inconsapevolmente arretrò di un passo in un atteggiamento di palese diffidenza e, lo sentiva… timore. Gli occhi di Anakin, cangiarono, a quelle percezioni, in una sfumatura più scura del mare profondo.
    “Io non voglio il tuo perdono, Leia. Come potrei pretenderlo visto che io, per primo, non posso perdonare me stesso? Organa e i Lars vi hanno cresciuti bene, come io non avrei mai saputo fare. Ero egocentrico ed immaturo, ora sono un uomo diverso ma non potrò mai dimostrarvelo, ed è giusto così, questo è ciò che mi sono guadagnato ed è ciò che reggerò per l’eternità” e detto questo, senza concedere il tempo a Luke di ribattere a quell’affermazione che avvertiva colma di dolore, sparì.
    Protendendo una mano verso il nulla, nel tentativo tardivo di fermarlo, Luke rimase ad abbracciare, con lo sguardo, il solo crepuscolo di Coruscant, mentre una solitaria lacrima solcava il suo viso.
    “Piangi per lui?”. C’era una nota di assoluto stupore nel tono di Leia, ferma alle sue spalle, per nulla turbata, all’apparenza, dalle parole appena ascoltate e dalla repentina dipartita del giovane uomo.
    “No, Leia. Piango per entrambi. Non capisci?” disse il giovane, voltandosi a cercare lo sguardo confuso della donna.
    “Capire cosa?” sbottò questa esasperata. Cosa c’era da comprendere? Lei non aveva bisogno di Anakin Skywaler, non ne aveva mai avuto bisogno. Lei non era come Luke ed ora anche Vader ne era consapevole, ma il fratello era di tutt’altro avviso, giacchè le si rivolse in aperto tono di rimprovero, un tono che mai gli aveva sentito usare, in ispecie nei suoi confronti, che la spiazzò.
    “Darth Vader è morto. E’ morto sulla “Morte Nera” quando Anakin Skywalker ha ucciso Palpatine. Quando Anakin ha dato la propria vita per salvare me, noi. Quello che hai visto stasera non è il volto dietro la maschera, è il volto di tuo padre. Del tuo “vero” padre. Puoi odiarlo fino alla fine dei tuoi giorni, Leia, ma questo non cambierà la realtà. L’odio che covi dentro è come un’erba velenosa che infesta anche il più puro dei campi di grano. O lo estirpi o ti distruggerà. E’ questo che è successo a lui, e soffre a vedere che tu segui la sua stessa strada. E’ venuto per avvertirti. E’ venuto per aiutarti e tu lo hai respinto, ma con questo gesto non hai fatto male solo a lui. Hai fatto male, soprattutto, a te stessa”.
    Luke era amareggiato, dispiaciuto e non si curava minimamente di nasconderlo. Senza aggiungere verbo, rientrò in casa e si diresse deciso verso la porta d’ingresso. Avvertiva, in fondo all’anima, una profonda sensazione di fallimento. Sperava di poter convincere il padre a manifestarsi nuovamente a lui, al vecchio Tempio Jedi. Non poteva lasciare che se ne andasse con quel senso di sconfitta e dolore interiore. Gli aveva giurato che sarebbe stato capace di lenire il loro dolore, di azzerare la distanza che li separava l’uno dall’altra, invece aveva fallito miseramente.

    - continua -
     
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    __ :*: Parte III :*: __


    Leia rimase a lungo, su quella terrazza, mentre calde lacrime solcavano il suo viso, ma lei non se ne curò.
    * L’odio che covi dentro è come un’erba velenosa che infesta anche il più puro dei campi di grano. O lo estirpi o ti distruggerà. E’ questo che è successo a lui, e soffre a vedere che tu segui la sua stessa strada.* Quelle parole a martellarle nella testa, giacchè foriere di un’ineluttabile verità che tutto ad un tratto si era palesata, feroce, alla sua coscienza. Era divorata dal rancore, ecco cos’era, un rancore che non trovava pace giacchè non aveva spiegazione, non aveva una valvola di sfogo, poichè l’oggetto del suo odio era scomparso e le impediva di sfogare il dolore che si portava nel petto. Lui lo sapeva, lui l’aveva sempre saputo ecco perché era andato da lei, che fosse dannato…
    Si riscosse solo quando le forti braccia di Han l’avvolsero delicatamente in un abbraccio, stringendola al suo petto.
    “Ho parlato con Luke, mi ha detto tutto. Stai bene?” chiese l’uomo, avvertendo il lieve tremito che permeava il corpo della donna.
    “Gli ho detto di andarsene. Che non volevo avere niente a che fare con lui… Ma è vero solo in parte… Io… voglio che mi ascolti, che senta il dolore che ho nel cuore, il rimpianto. Voglio che mi dica chi era mia madre,…Voglio… Oh, Han!” c’era così tanto astio e rancore nelle sue parole da lasciarlo scosso e perplesso. Non sapendo bene come aiutare la donna che amava a superare quel momento evidentemente doloroso, si limitò a seguire l’istinto accogliendola tra le proprie braccia permettendole di trovare ristoro tra esse, fu così che sentì il suo viso affondare contro il proprio petto mentre il corpo veniva scosso da silenti singhiozzi.
    “Forse dovresti dirlo a lui, non è troppo tardi” disse dopo un attimo Han, carezzandole i capelli.
    “Cosa vuoi dire?” chiese Leia, rialzando il viso, gli occhi nocciola vigili e attenti.
    “Era venuto per te. Se tu lo chiamassi, forse tornerebbe” le suggerì in tono tranquillo.
    "Non dopo ciò che gli ho detto”.
    “Se è vero che ti ama non potrà impedirsi di tornare” sentenziò pacatamente il correliano, strappando un moto di stizza alla compagna.
    “Amore, dubito che lui conosca anche lontanamente il significato di questa parola” disse poi in tono fermo e convinto.
    Han si passò, nervosamente, una mano tra gli ispidi capelli castani. Quanto detestava l’argomento “Vader”. Non sapeva mai come approcciarsi ad esso.
    “D’accordo, ho sbagliato termine, del resto nessuno può amarti più di me, ma tolto questo dettaglio resta il fatto che tu hai bisogno di parlare con lui. Visto che Luke ha più dimestichezza di te con la “Forza” o come diavolo si chiama, potresti chiedere aiuto a lui” suggerì alla fine.
    L’espressione comparsa sul viso di Leia era quanto mai dubbiosa. Era davvero decisa ad affrontare di nuovo Vader, con tutte le implicazioni che ne sarebbero derivate? Impiegò meno di un frazione di secondo a rispondere a quella domanda. Al diavolo, aveva tutto il diritto di pretendere delle spiegazioni e lui sarebbe stato costretto a dargliele, poi che ardesse all’inferno per l’eternità poco le importava, ma lei voleva delle risposte e le avrebbe avute. Un lampo determinato balenò nelle iridi castane della donna e Han comprese che aveva già preso una decisione, la conosceva troppo bene, ormai, per non comprendere i suoi stati d’animo.
    “Sai dov’è ora Luke?” chiese, infatti, la donna in tono deciso.
    “Credo sia andato al vecchio Tempio Jedi. Vuoi che ti accompagni?”.
    “No. E’ una cosa che devo fare da sola. Lo devo a me stessa”.
    La forza della sua determinazione dissuase Han dall’obiettare sul fatto che anche lui aveva un paio di cosette da risolvere con Vader ma non era né il luogo né il momento adatto. Così non disse niente, e si limitò ad annuire lasciandola andare. Aveva detto a Luke che stava cercando un modo per aiutarla. Forse lasciarla affrontare Vader per l’ultima volta era il modo migliore. Era complicato, dannatamente complicato avere a che fare con la famiglia Skywalker, ne era consapevole più che mai ma, forse, proprio questo rendeva la sua Principessa ancor più affascinante…

    Il Tempio Jedi era ancora in fase di ultimazione, eretto esattamente nello stesso luogo ove riposavano le rovine del precedente, distrutto dalla furia di Darth Vader, le sue guglie salivano alte nel cielo di Coruscant. A quell’ora della sera il silenzio governava sovrano per le spaziose ed austere sale, e il rumore dei passi veniva amplificato a dismisura, rimbombando nelle orecchie come una sorta di sordo eco del battito del proprio cuore. Vagamente intimorita da tanta magnificenza, ancora grezza e inerbe, Leia si addentrò nelle viscere della struttura, lasciandosi guidare dal puro istinto, certa che il medesimo l’avrebbe condotta esattamente dal fratello. Quando, alfine, giunse a varcare la stanza di quella che sarebbe divenuta la sala di ritrovo dei Padawan, tirò un involontario sospiro di sollievo, giacchè il fratello non era, palesemente, solo. Luke sedeva su una polverosa scatola d’imballaggio, a gambe incrociate in assoluta meditazione, mentre Anakin Skywalker sostava, poco distante, spalle alla porta, con le braccia intrecciate dietro la schiena. La donna si fermò sulla soglia, restando in silenzio, incapace di spezzare quella strana armonia che regnava in quel luogo. Avvertiva le vibrazioni della “Forza” anche se non riusciva a discernerle con chiarezza. Fu Luke a parlare, dopo un lasso di tempo che a lei parve infinito e al contempo brevissimo.
    “Confidavo che saresti venuta”.
    Una frase semplice e concisa, che tuttavia rivelava la gioia interiore che il giovane Jedi provava per la sua comparsa in quel luogo mistico, carico di significati. Proprio in quel luogo, suo padre, aveva dannato appieno la sua anima, ed ora era pronto a consegnarsi al giudizio di entrambi.
    “Non esaltarti per la mia presenza, Luke. Non ho cambiato idea su Vader” ci tenne a sottolineare la donna, non voleva che il gemello si illudesse che si fosse recata in quel luogo pronta a donare perdono, erano tutt’altre le sue intenzioni…
    “Cosa sei venuta a cercare, Leia?” chiese Anakin all’improvviso, senza voltarsi, con un tono basso e profondo, mentre Luke si alzava in piedi ed osservava i due con sguardo vigile ed attento.
    La donna prese un lungo respiro, osservando la schiena rigida del giovane uomo che ancora stentava a riconoscere come quell’Anakin Skywalker di cui Luke le aveva parlato, per lei era e sempre sarebbe rimasto Vader.
    “La verità, me la devi” disse alfine, in tono basso ma al contempo deciso.
    Lo vide trasalire, mentre lentamente si voltava a scrutarla con quegli incredibili occhi azzurri.
    “Non sei ancora pronta ad accettare la verità, Leia, lo sento ma posso rispondere a molte delle domande che regnano nel tuo cuore, se tu vorrai ascoltarmi” rispose Anakin, dopo una breve esitazione.
    Leia lanciò uno sguardo fugace in direzione del fratello, che osservava entrambi con un’espressione di raggiante benevolenza. Com’era cambiato da quando l’aveva conosciuto la prima volta. La consapevolezza della Forza, della sua natura di Jedi, lo aveva maturato moltissimo, la medesima maturità che si intravvedeva sul volto volitivo del padre. Ma non si sarebbe fatta fuorviare da tali considerazioni, lei era in cerca di risposte e le avrebbe ottenute.
    “Non sta a te stabilire per cosa sono pronta o meno. La tua opinione non mi interessa affatto. Sono venuta sin qui solo per avere delle risposte da Darth Vader, nient’altro” il tono era freddo e tagliente come il gelo nelle sue iridi nocciola.
    Anakin chinò lievemente il capo innanzi a quella fredda dichiarazione. Poteva percepire nitidamente tutto il rancore e l’odio che dominavano l’animo della figlia, come se fossero propri. Percepiva anche l’ansia latente, ben celata doveva ammetterlo, nell’animo di Luke. Stava per sottoporsi al loro giudizio e la cosa lo spaventava al pari del gelo dell’oscurità che lo aveva per anni dominato.
    “Sia come vuoi” si limitò a rispondere, dopo un’istante che parve durare un’eternità per tutti i presenti. Con decisione sollevò il viso portando il proprio sguardo azzurro ad incrociare quello della figlia.
    Per un breve istante, nella sala, si avvertì solo il respiro dei due gemelli e l’energia fluttuante che emava dallo spettro di colui che un tempo era stato il più potente Jedi ed al contempo il più temuto Sith. Alla fine, fu Leia a spezzare il silenzio, con una domanda secca e perentoria, che raggiunse Anakin e Luke con la stessa intensità di una stilettata in pieno petto.
    “Obi-Wan ci ha detto che tu eri un Jedi, e che sei stato il suo allievo. Perché, alla fine, hai scelto il “lato oscuro”?”.
    Luke trasalì, nemmeno lui era consapevole della risposta. A dire il vero, dopo quanto aveva sperimentato sulla “Morte Nera”, le prove alle quali Palpatine lo aveva sottoposto, le “tentazioni” del “lato oscuro” non aveva amato particolarmente conoscere quelle che avevano portato alla scelta del padre.
    Anakin si irrigidì, ma non si sottrasse alla domanda.
    “Le ragioni furono molteplici, incluse menzogne e fraintendimenti, ma soprattutto fu il desiderio di potere. Volevo acquisire il potere assoluto, quello che mi avrebbe consentito di divenire il più forte, più forte anche della morte” disse in tono sommesso, mentre un’espressione rammaricata e sofferta contraeva i tratti virili del suo volto.
    Leia rimase ad osservarlo confusa. Si era aspettata qualche patetica scusante, invece pareva intenzionato a non omettere alcun particolare della sua esistenza e della sua scelta.
    “Solo per sete di potere?” chiese Leia, delusa ed amareggiata all’idea che un uomo potesse distruggere la propria esistenza e quella degli altri con tanta facilità, per pura egoistica cupidigia.
    Anakin chinò il capo, pienamente consapevole dell’assurdità della scelta operata e della bassezza dei proprio intenti egoistici, anche se a spingerlo ad essi fu solo… amore. Un amore troppo grande da gestire per il suo animo di ragazzo che nell’amore aveva visto l’unica ragione di vita.
    “Volevo il potere per impedire che la gente morisse, l’ironia è che per tentare d’ottenerlo ho ucciso senza alcuna pietà”. Parole cariche di rimpianto e di autocondanna.
    “Padre…” c’era preoccupazione nel tono di Luke, che percepiva a fondo i sentimenti del padre, provati dal senso di colpa.
    Leia riflettè sulla risposta ottenuta Il “potere” per impedire alla gente di morire. In fondo, un desiderio, almeno all’apparenza, generoso e altruista, come tutto ciò poteva averlo condotto a trasformarsi in uno spietato Sith? Non riusciva a comprendere.
    Anakin si rese conto che per la figlia, che non aveva conosciuto la “tentazione” del “lato oscuro” fosse molto più difficile di quanto non lo fosse per Luke intendere appieno il significato delle sue parole.
    “Ero giovane e stolto, Leia, e terrorizzato dall’idea di perdere le persone alle quali tenevo. Ogni vita per me era importante, sacra, ma sopra di tutto, amavo con ogni fibra del mio essere vostra madre, anche se per voi può apparire inverosimile, avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Avrei dannato anche l’anima”.
    Il tono dell’Imperituro era carico di palese emozione, mentre gli occhi azzurri brillavano di una luce nuova ed indefinita come se fossero alla ricerca, nelle memorie del passato, di ricordi vividi e sempiterni che pur lo facevano soffrire. Tutto questo però non parve sfiorare l’animo di Leia, che improvvisamente aveva realizzato che non avrebbe mai voluto sentire pronunciare da quel ragazzo il nome di sua madre, non ne era degno.
    “Permettimi di dissentire. Considerato di cosa sei stato capace come Darth Vader dubito fortemente che tu abbia mai avuto un cuore”. Una frase che raggelò all’istante il Jedi e lo costrinse ad arretrare di un passo.
    “Leia, concedigli di poter spiegare le sue ragioni, non giudicarlo per partito preso“ si intromise, a quel punto Luke, amareggiato per il tono accusatorio e per l’astio che vedeva sovrano nella sorella, ma la donna lo ignorò.
    “Luke non ti facevo così ingenuo, è palese che sta solo cercando di apparire migliore ai nostri occhi, nascondendo l’orrore di quello che è stato” ribattè, infatti, con serietà.
    Prima che il gemello potesse ribattere fu l’Imperituro a parlare.
    “L’avevo detto che non eri pronta per conoscere la verità” si limitò a constatare in tono mesto scotendo la testa. Era come tentare di parlare con un muro. Leia non voleva spiegazioni, solo sfogare il suo frustrato rancore.
    “La verità?” tuonò la donna, infatti, fremente di collera. Come se la sua affermazione avesse, all’improvviso, scoperchiato un’anfora colma di rabbia repressa, avesse trapassato il suo autocontrollo “Te la dico io la verità. Tu ti sei macchiato di crimini abominevoli. Hai assistito imbassibile alla distruzione di Alderaan. Hai torturato Han e Chewbe. Hai privato della mano il tuo stesso figlio ed hai torturato me, senza il benchè minimo rimorso. Tu sei un mostro, un’abominio che mai avrebbe dovuto vedere la luce in questa Galassia ne altrove”.
    Gli occhi di Leia ardevano di risentimento mentre fulminavano, irati, l’ex Sith con uno sguardo tagliente che feriva quanto le tremende parole pronunciate dalle sue labbra.
    Luke, sgomento, assistette impotente alla veemente reazione della sorella. Sentiva, sapeva che nulla che fosse uscito dalle sue labbra l’avrebbe convinta a cambiare idea e la cosa lo feriva profondamente. Se solo Leia avesse potuto percepire l’animo di Anakin, di quel padre da lui così felicemente riscoperto ed amato…

    Ogni parola pronunciata dalla figlia, vomitatagli contro con la violenza di una rabbia incontrollata, lo ferì profondamente, facendo sanguinare le ferite dell’animo già lacerate dai sensi di colpa per ciò che aveva fatto, per ciò che avrebbe potuto essere ed invece mai era stato. Eppure il suo compito non si era ancora esaurito. Lui si era prefisso di estirpare la rabbia dall’animo di Leia e solo addossandosene ogni stilla avrebbe potuto aiutarla. Il solo pensiero di ciò che le aveva fatto sulla “Morte Nera” gli lacerava l’anima e lo faceva sentire il più vile degli uomini, ma il passato non poteva essere mutato, solo il futuro poteva mutare la sua forma e sarebbe dipeso, come sempre, dalle scelte di ciascuno di loro.
    “Non negherò l’evidenza, non ne sussiste ragione alcuna, Leia. Solo io ti domando, se io fossi ancora in vita e tu avessi tra le mani una lightsaber, mi uccideresti?” chiese in tono pacato, avanzando verso di lei, gli occhi azzurri addivenuti freddi e determinati, mentre protendeva una mano in un moto che poteva apparire gentile come di minaccia a seconda dell’animo di chi l’osservava. La donna sbattè le palpebre, per un attimo spiazzata da quell’affermazione e dall’atteggiamento del suo “avversario”. Poi, il rancore, il desiderio di ferirlo prevalse su tutto e senza esitazione sibilò decisa.
    “Sì, ti ucciderei. Non sarebbe un assassinio ma solo giustizia”.
    Luke, le braccia lungo il corpo, il capo chino e calde lacrime a solcargli il volto alfine comprese, e maledisse se stesso per non avere inteso prima quanto stava accadendo nell’animo della gemella. Con un gesto gentile le posò una mano sulla spalla, avvertendo all’istante la tensione del suo esile corpo, poi volse lo sguardo verso il padre. Senza dare spiegazioni, senza narrare nulla del suo passato, di chi realmente fosse stato Anakin Skywalker, il Jedi aveva mostrato quanto fosse sin troppo facile cadere nella rete dell’oscurità, egli stesso l’aveva sperimentata quella tremenda sensazione, sulla propria pelle. Lo vide abbassare la mano e chiuderla a pugno, nel tentativo palese di controllare l’emozione che lo pervadeva.
    “Era ciò che volevo portarti a confessare, figlia mia. La paura, l’odio e l’ira sono l’anticamera dell’oscurità. Esse, prive di ogni forma di controllo, conducono al “lato oscuro”. Tuo fratello ha imparato a sue spese questa lezione, a Cloud City prima e sulla “Morte Nera” in seguito” iniziò a dire, con un’espressione grave che accentuava la drammaticità di quanto stava rivelando. “Abbattere con violenza il tuo avversario con odio, rabbia o per paura incondizionata non è un atteggiamento da Jedi ma la scelta di un Sith. Poni attenzione alle tue emozioni, Leia. L’odio è oscurità, la sete di onnipotenza è oscurita, ma anche la rabbia e la paura sono oscurità. Ti sei circondata di oscurità e sei più vicina al mostro che odi di quanto tu stessa non possa immaginare” un’affermazione categorica priva di qualsi forma di dubbio.
    Allibita la donna rimase interdetta, senza sapere come ribattere a quell’accusa. Come diamine osava paragonarla a se stesso?
    “Stai farneticando. Io non sono come te! Io non godo nell’uccidere la gente” ribattè Leia, furiosa e intimamente spaventata da quell’accusa tremenda, tentando di schiaffeggiare il padre, salvo rendersi conto che la propria mano attraversava, senza incontrare ostacolo alcuno, il volto dell’Imperituro, lasciandola doppiamente frustrata.
    Anakin, dolorosamente consapevole di averla messa innanzi ad una realtà tutt’altro che edificante, ribattè in tono calmo e pacato “Tu mi assomigli, Leia e tutto ciò costituisce per me gioia e tormento al contempo”.
    “NO!!!” un urlo disperato quello fuoriuscito dalle labbra della donna, mentre la tensione pareva quasi soffocarla ma Anakin non poteva fermarsi adesso, non doveva, per quanto gli costasse.
    “Sei incapace di accettare la verità di ciò che tu stessa provi. Incapace di riconoscere a te stessa che l’odio non è la soluzione, ma solo un pericoloso drago oscuro che ti divora l’anima. Nella parte più profonda del tuo animo sei divorata dal dubbio che l’essere mia figlia faccia di te un altro Darth Vader. Non è così. Non deve essere per forza così, Leia. Dipende da te, da nessun’altro. Chiunque conosca la “Forza” viene prima o poi tentato dall’oscurità, è inevitabile. Il ricordo di Vader è la tua “tentazione”, estirpalo ed avrai annullato la tua paura più grande. Io…”. La voce di Anakin si spense con la consapevolezza di averla ferita ancora una volta ma di quanto questo fosse, in realtà, dannatamente necessario. La vide chinare la testa, vinta dalla verità delle sue parole, per poi risollevarla di scatto con, se possibile, un astio ancor più grande nello sguardo. Con un lungo sospiro rassegnato, mentre un senso opprimente di fallimento lo pervadeva, si volse verso il figlio. “Luke l’affido a te, so che saprai guidare il suo cuore come io non ho il potere di fare” si limitò a constatare in tono spento poi, lentamente, svanì.
    “Padre… aspetta!!!” la supplica di Luke cadde però nel nulla, giacchè l’Imperituro era già scomparso.
    ^Ti sbagli, padre. Tu sei il solo che possa realmente aiutarla. Che possa dare pace ad entrambi. Io non posso insegnarle ad amarti, solo tu hai questa facoltà. Io posso solo prepararla ad affrontare la verità, qualunque essa sia^, ma comprendeva, Luke che, non era né il luogo né il tempo. Sarebbe venuto, ma non adesso.

    Leia scossa oltre modo da quel dialogo impregnato di livido rancore, con gli occhi inspiegabilmente colmi di lacrime, fissò il vuoto ed irruppe in un disperato “Non puoi andartene. Codardo, non scappare da me!” mentre lasciava che Luke la voltasse verso di sé e la stringesse al proprio petto. Provava un tale gelo, un tale sconcertante senso di vuoto e dolore da restarne paralizzata. Che fosse dannato in eterno, aveva ragione. Lei odiava Vader perché intimamente era terrorizzata all’idea di avere ereditato da lui, da quel padre che si rifiutava ostinatamente di voler conoscere e riconoscere, i geni del male, dell’oscurità. Forse era proprio per questo che mai aveva voluto seguire le vie della “Forza”, nella vana, ora ne era consapevole, convinzione che questo sarebbe bastato a proteggerla dalle insidie del “lato oscuro”. L’orgoglio le venne, comunque, in aiuto. Non avrebbe permesso a se stessa di lasciarsi annientare da tutto questo, avrebbe affrontato il problema a testa alta, come sempre. Aveva guidato una Ribellione contro l’Impero, avrebbe saputo placare la ribellione della propria anima. Con decisione si staccò dal fratello.
    “La prossima volta che hai la brillante idea di presentarmi tuo padre, avvertimi prima. Farò in modo di non essere presente” disse poi freddamente, asciugandosi con la manica il volto segnato dalle lacrime che detestava, si detestava perché avevano mostrato una debolezza di cui non si riconosceva vittima, prima di voltare le spalle ed allontanarsi lungo il corridoio. Luke, non fece nulla per trattenerla, comprendendo le ragioni del suo comportamento. Con un sospiro rassegnato, si avviò verso l’uscita del tempio a sua volta. Se doveva aiutare Leia ad accettare il padre, avrebbe per primo dovuto conoscerlo nel profondo, e sapeva chi avrebbe potuto, con il cuore in mano, parlargli di lui, del Jedi che era stato.

    - continua -
     
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    Han, seduto sul comodo divanetto innanzi all’ampio vestibolo, sospirò pesantemente. Era da più di tre ore che Leia se n’era andata, chissà cosa diamine stava accadendo al Tempio Jedi. Si sorprese a torcersi le mani, preda di un nervosismo più marcato di quanto sospettasse. Dopo più di due anni, Leia aveva ora la possibilità di affrontare, realmente, il padre e lo preoccupava non poco la reazione e le conseguenze che ciò avrebbe avuto per la donna. L’improvviso cigolio della porta scorrevole di duracciaio lo fece sobbalzare. Levò il viso giusto in tempo per vedere Luke entrare, con passo lento e stanco, nella stanza. Istantaneamente balzò in piedi, realizzando che il giovane era … solo.
    “Leia?” chiese semplicemente, il tono inspessito dalla tensione.
    “Ha lasciato il Tempio prima di me” si limitò a rispondere il Jedi. Sapeva già che la sorella non era rientrata, aveva percepito la sua … assenza appena messo piede nell’edificio.
    Lo sguardo di Han passò dal confuso all’adirato.
    "Si può sapere allora perché diamine non è ancora tornata?” sbottò al fine.
    Luke abbassò, brevemente, lo sguardo. Si sentiva stanco, come non gli capitava da molto tempo.
    “Ha bisogno di stare un po’ da sola e quando tornerà, se la conosco, farà finta che nulla sia accaduto ma non è così”.
    Il tono di Luke era mesto e preoccupato e la cosa non piacque affatto al correliano.
    “Ma è riuscita a confrontarsi con Vader?” chiese, infatti, sempre più confuso.
    Il sospiro profondo di Luke fu di per sé una risposta.
    “Non è con Vader che deve scendere a patti ma con se stessa. Vader è il passato, deve dimenticarlo e per farlo deve accettare ciò che non vuole neanche prendere in considerazione” dichiarò il Jedi amareggiato.
    Han ne aveva abbastanza di quelle frasi a metà. Con decisione prese l’amico per le spalle e gli intimò di spiegarsi una volta per tutte.
    “Dannazione, Luke. Ti decidi a dirmi cos’è successo?”.
    Luke levò lo sguardo azzurro, ove Han potè leggere un profondo dispiacere e, strano, colpa.
    “Anakin Skywalker, nostro padre” sottolilneò Luke con un lampo determinato negli occhi azzurri “E’ pienamente consapevole dell’angoscia di Leia, del suo travaglio interiore. Vorrebbe aiutarla ma lei non è disposta neanche ad ammettere d’averlo un problema, figuriamoci prestare a lui ascolto…”.
    “Ma di che parli?”.
    Han era ora decisamente preoccupato.
    “Leia è consapevole della “Forza” ma invece di accettarla, la respinge. Si è convinta che facendo questo non rischierà di cedere al “lato oscuro”…” iniziò a dire Luke, tentando di semplicare il più possibile le cose all’amico.
    “Ancora queste dannate credenze mistiche…” lo interruppe l’uomo frustrato. Lui non ci aveva mai capito niente….
    “Ascolta, Han. Non puoi scegliere la “Forza”, essa fa parte di te. Leia è figlia di un potente Jedi e la forza scorre in lei indipendentemente dal fatto che lei l’accetti o meno. Ha il poter ma non sa controllarlo e si rifiuta d’ammettere di avere bisogno d’aiuto per farlo. Spera che negandolo, di per sé, svanisca ma è impossibile. Ora è vulnerabile al “lato oscuro” e il suo odio per Vader è pericoloso per lei. Nostro padre se n’è reso conto ed ha cercato di metterla in guardia ma lei si rifiuta d’ascoltarlo e non è bene”.
    Han sbattè le palpebre totalmente disorientato e si lasciò cadere, pesantemente, sul divanetto che sino a qualche minuto prima aveva accolto la sua silente attesa.
    “E tutto questo è emerso durante il confronto con… vostro padre?” chiese dopo qualche istante, tentando di mettere ordine tra le proprie idee.
    “Sì” sospirò Luke, prima di fare un paio di passi ed avvicinarsi alla finestra, mentre il suo riflesso mostrava la preoccupazione che lo stava pervadendo.
    “Non posso che biasimare me stesso. Sono stato cieco e stolto a non capire. Ma non è tardi, mio padre mi ha indicato la via” concluse alla fine, mentre si voltava a guardare l’amico.
    Han non capiva, non poteva comprendere. Non comprendeva nulla di quel dannato discorso al riguardo della “Forza” e del “Lato Oscuro”. Non poteva capire il tormento di una figlia che scopre che il proprio padre è stato il suo aguzzino, l’artefice di sofferenze immani senza rischiare di venirne annientata, ma sapeva che non avrebbe lasciato che lei soffrisse.
    “Dici che sai come aiutarla, bene dimmi… come?” chiese serio in volto.
    “Non sarà facile, ma necessario” disse Luke, tremendamente serio, in volto.
    “Sarebbe?”.
    “Insegnarle ad amare ciò che odia”.
    Han fissò Luke come se avesse perso il lume della ragione.
    “Vorresti che Leia imparasse ad amare Vader?” chiese allibito.
    Il giovane scotè la testa.
    “Vader è solo uno degli aspetti di Anakin Skywalker. Dovrà imparare a conoscere gli altri e saranno quelli che le permetteranno di mettere una pietra sopra sul passato”.
    Dopo quelle parole, tra i due amici calò un pesante silenzio. Entrambi erano consci che la via… non sarebbe stata facile, affatto.

    Come Luke aveva previsto quando, due ore dopo, Leia aveva fatto ritorno si era mostrata fredda e distaccata evitando il confronto con il compagno e il fratello adducendo come scusa che era stanca ed aveva bisogno di dormire, in fondo l’indomani doveva presiedere ad una tediosa seduta in Senato. Di comune accordo né Luke né Han insistettero per affrontare l’argomento e decisero, per il momento, di soprassedere. Luke doveva prima trovare il modo di mettersi in contatto con chi gli avrebbe fornito la chiave di lettura giusta di tutta quell’intricata e dolorosa faccenda.
    Lo spettro di Obi-Wan Kenobi fluttuava leggero a pochi passi da Luke, osservando con uno sguardo benevolo e paterno il volto del giovane Jedi che, braccia dietro la schiena, camminava nervosamente avanti e indietro lungo la Sala di Meditazione, in quel momento deserta, del Tempio.
    “Così, Leia ha incontrato suo padre” si limitò a constatare, come se l’evento realizzatosi fosse la cosa più normale di questo mondo.
    Luke annuì brevemente. Non era stato difficile mettersi in contatto con Ben, era come se lui stesso stesse attendendo l’occasione per raggiungere l’ex-allievo.
    Un lieve sorriso increspò le labbra di Kenobi, mentre si volgeva a studiare le pareti, ancora spoglie, della stanza con quasi eccessivo interesse.
    “Ora mi spiego l’aria abbattuta e crucciata di tuo padre” si limitò a constatare dopo qualche istante.
    "Come? Tu lo hai visto?” chiese Luke, fermandosi di colpo e voltando la testa in direzione dell’amico. C’era un misto di preoccupazione e speranza nel suo sguardo che commosse Obi-Wan. Alle volte Luke gli ricordava così dannatamente bene il padre…
    “Non credo tu mi abbia cercato per discutere di questo, Luke. O mi sbaglio?”.
    La voce di Ben era pacata e morbida, quasi saudente, come a voler placare lo spirito irrequieto del giovane Jedi. Evidentemente non senza frutti, giacchè il giovane si rilassò lievemente per poi sedersi, a gambe incrociate, sul pavimento. Kenobi lo imitò e rimase in attesa.
    “No, hai ragione. Io ho bisogno di risposte e dubito che in questo momento mio padre sia disposto a darmele, ma forse tu mi puoi aiutare”.
    Obi-Wan ponderò la richiesta del Jedi, rammentando come Anakin avesse evitato la sua moderata curiosità e l’acuta osservazione di Yoda isolandosi in un ostinato, ed impenetrabile, silenzio. Gli sembrava ancora di vederlo. Il corpo teso e rigido, le braccia dietro la schiena e il capo chino, sulla riva della palude, ad osservare il… nulla.
    “Luke, se è di Anakin che vuoi parlare dubito di essere in grado di fornirti informazioni scevre dal mio affetto. Non sono mai stato particolarmente obiettivo nei suoi riguardi” si decise alfine a dire.
    “Perché?”.
    La domanda di Luke era diretta e non necessitava di ulteriori spiegazioni, Obi-Wan ne era pienamente consapevole.
    “L’addestramento di tuo padre non fu, come dire, ortodosso. Non seguì i crismi dell’Antico Ordine. A dirla tutta io non ero neanche d’accordo sul fatto che venisse avviato alla conoscenza della “Forza”. Furono gli eventi che decisero per noi e che mi portarono, senza che quasi me ne rendessi conto, ad addestrare Anakin. Per certi, molti, aspetti io e tuo padre siamo cresciuti insieme. Io come maestro e lui come allievo ed uomo”.
    Luke osservò il volto di Obi-Wan, traslucido nell’etera eternità della Forza, ove aleggiava un barlume di rimpianto pur nella visione di serenità.
    “Ma tu lo conoscevi bene, saprai dirmi certamente molte cose di lui, del suo carattere…”.
    Iniziò a dire, ansioso ad un tratto di conoscere quella verità che sino a poche sere prima non lo aveva attirato particolarmente. Per due anni si era accontentato di “sentire” la presenza di un padre ritrovato, ma ora al pari di Leia, che ne fosse consapevole o meno, desiderava conoscere tutto di lui, conoscerlo davvero.
    Ben bloccò sul nascere la lunga sequela di interrogativi ponendo innanzi al volto del giovane Jedi una mano.
    “Se realmente avessi conosciuto Anakin nell’anima non avrei mai permesso che si dannasse scegliendo l’oscurità. Sono stato cieco al suo richiamo, sordo ai suoi errori che per orgoglio ho voluto non vedere e, di conseguenza, mai ho corretto. Io posso narrarti molte cose del suo addestramento, ti quanto fosse il miglior compagno in battaglia che abbia mai avuto, di come mi abbia dieci e una volta salvato la vita per poi togliermela come Darth Vader ma tutto questo non sarebbe… Anakin. E’ con tuo padre che devi parlare, figliolo”.
    Luke sospirò, ritrovandosi punto e a capo.
    “Ma, Obi-Wan, tu sai perché mio padre ha scelto il “lato oscuro”?” chiese dopo un attimo, fissandolo attentamente negli occhi.
    Un sospiro debole, ma profondo, fu la risposta che il vecchio maestro gli donò.
    “Ne ho il sospetto. Vedi, tuo padre aveva un pregio enorme che, usato contro di lui, poteva addivenire il suo può grande difetto. La sua smodata generosità, il suo desiderio intrinseco di acquisire conoscenza della “Forza”, al fine di salvare tutti coloro che erano più deboli, lo ha portato a desiderare ciò che un Jedi non dovrebbe mai ambire di ottenere. Tuo padre desiderò il “potere assoluto” e permise a se stesso di lasciarsi corrompere da esso. La ragione, la molla scatenante, tuttavia non la conosco”.
    Luke si ritrovò a constatare che parte di quanto aveva detto Ben corrispondeva alle poche parole pronunciate da Anakin al Tempio.
    “Hai detto che il suo addestramento è stato inusuale. Non capisco, cosa intendi dire?” chiese poi, facendo mente locale su un particolare che lo aveva incuriosito.
    Obi-Wan sorrise debolmente.
    “Beh! A dire il vero anche il tuo addestramento non ha seguito i “canoni” tradizionali. Generalmente, anzi di fatto sempre, i jedi iniziavano il loro addestramento prestissimo. Venivano sottratti al loro ambiente familiare quando erano ancora in tenera età, poi assegnati al maestro Yoda che sviluppava la loro capacità nella “Forza” sino all’età di otto-nove anni. A quel punto il ragazzino veniva affidato ad un Maestro Jedi che avrebbe avuto cura di portarlo, con anni di addestramento, a passare dallo stadio di allievo padawan a quello di Cavaliere Jedi” spiegò alfine, rendendosi conto che detto in quel modo poteva apparire piuttosto semplicistico il percorso tortuoso lungo le vie della Forza. Non lo sfiorò, tuttavia, il pensiero, che potesse anche apparire… crudele!
    Luke agrottò la fronte, evidentemente perplesso. Che significava esattamente “sottratti al loro ambiente familiare”? Ma non era quello il punto su cui focalizzarsi ora. Non stupiva che Obi-Wan non considerasse consono il suo addestramento, era diventato Jedi in soli tre anni di apprendistato ed aveva intrappreso la via della forza a vent’anni. Che fosse successo lo stesso per il padre? In che modo l’addestramento di Anakin Skywalker era stato… diverso?
    “Mi è palese l’anomalia del mio addestramento, ma quella di mio padre qual è stata?” chiese pertanto in tono serio, così che Obi-Wan non sospetto minimamente il vago senso di disagio provato dal giovane Jedi alla scoperta di quel “sottratti” che gli ronzava ancora nella testa.
    Obi-Wan socchiuse gli occhi, prendendo chiaramente tempo prima di rispondere, era come se, in qualche modo, quella risposta gli… costasse.
    “Tuo padre venne condotto al Tempio Jedi all’età di nove anni e pertanto non conobbe l’addestramento di Yoda ma venne immediatamente assegnato a me, che ero appena diventato Cavaliere Jedi e mi ritrovai promosso contemporaneamente al ruolo di Maestro”.
    La voce profonda di Ben fluttuava leggera nella vasta stanza spoglia, mentre Luke ne misurava le parole. Ecco perché aveva sostenuto che in un certo qual modo i due erano cresciuti insieme come maestro e allievo, tuttavia non riusciva ancora a focalizzare l’aspetto peculiare di quell’addestramento.
    “Continuo a non comprendere Ben. Ha solo iniziato più tardi…” iniziò a dire per venire bruscamente interrotto da un velato rimprovero.
    “Se è così che la pensi hai meno discernimento del tuo amico Solo”,
    Luke accettò il rimprovero con un lieve cenno del capo, disponendosi a prestare attenzione alla spiegazione che ora sarebbe certamente arrivata.
    “I piccoli padawan di un anno non hanno avuto il tempo di creare legami affettivi al di fuori dell’Ordine dei Jedi. Per loro l’Ordine è la Famiglia. Anakin invece è vissuto accanto alla madre per nove anni, solo che per una regola precisa dell’Ordine gli fu fatto divieto di rividerla per tutto il periodo dell’addestramento. Per lui disimparare ciò che aveva appreso non fu facile. Tu hai scelto di lasciare Tatooine, perché ormai i tuoi affetti erano scomparsi, lui invece sapeva che lei era viva ma doveva dimenticare di averla amata. A questo si votano i Jedi, Luke. Agli altri, non a se stessi, la bramosia, il possesso, l’amore e gli affetti vanno abbandonati per fondersi nella “Forza” per non essere tentati dal suo oscuro potere. Questo era ed è il credo Jedi ma tuo padre non l’ha mai abbracciato completamente perché non è mai riuscito a lasciare indietro i propri affetti”.
    Gli occhi azzurri del giovane Jedi scintillavano d’emozione trattenuta. Comprendeva le ragioni dei Jedi, dell’Ordine e del Codice ma come si poteva pretendere che un bambino dimenticasse d’avere amato sua madre? Eppure i Jedi lasciavano alle spalle tutto. I legami non contavano. Li stessi Yoda e Obi-Wan, pur sapendo perfettamente che lui era il figlio di Vader lo avevano sempre spinto ad affrontarlo, tacendoglielo e con tutta probabilità se non fosse stato Vader stesso a rivelarglielo non lo avrebbe mai saputo. Se non ami, non soffri, e se non soffri non cedi all’oscurità un’equazione semplice sulla carta ma difficile da far comprendere al cuore e all’anima.
    Obi-Wan comprese di avere dato al giovane di che riflettere e pertanto, lentamente, si alzò e con un gesto composto si sistemò il lungo saio.
    “Luke, non puoi capire tuo padre se non conosci il Codice dell’Ordine e se non conosci la storia della Repubblica negli ultimi quarant’anni prima dell’Impero. Continuare questa conversazione, ora, non avrebbe senso. Un giorno verrà il momento, ora non è il tempo. Devo andare” e senza attendere replica svanì. Luke Skywalker si ritrovò a considerare che obiettivamente Ben aveva ragione. Lui non riusciva a capire e forse proprio questo intendeva suo padre. Non era pronto per comprendere, anche se lo desiderava con tutta l’anima. Ma se così era come avrebbe potuto aiutare Leia se lui stesso non possedeva le risposte? Prese un lungo sospiro e placò il proprio spirito. La soluzione gliel’aveva offerta proprio Obi-Wan. Avrebbe dovuto conoscere il passato dei Jedi e della Repubblica. Forse in Senato avrebbe ottenuto tutto ciò che gli occorreva, anche se avrebbe dovuto farlo senza coinvolgere direttamente la sorella.

    - continua -
     
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    By Aresian.


    Erano trascorse circa due settimane e, come stabilito, Han non fece domande a Leia attendendo che fosse la donna, se lo riteneva opportuno, a metterlo a parte dei suoi sentimenti verso Vader e tutto quello che era successo. Dal canto suo Leia si comportava come suo solito, niente palesava un qualsivoglia problema. Aveva così tante cose da fare. In Senato non era affatto una “passeggiata al parco”. Se ne rese conto perfettamente anche Luke quando, involontariamente, si trovò spettatore di una diatriba alquanto accesa tra due senatori, sedata comunque con notevole tatto e diplomazia da Mon Mothma. Proprio per parlare con la donna si era recato in quel luogo. Sapeva bene come Mon Mothma avesse fatto parte del Senato della Vecchia Repubblica oltre che del “fantoccio” Senato Imperiale. Sicuramente lei avrebbe potuto dare risposta alle domande che, lo sentiva, avrebbero fatto luce in lui sulla via da seguire per aiutare Leia, suo padre e se stesso.
    "Senatrice, perdonatemi per il disturbo, avrei bisogno di parlare con voi in privato. Potreste concedermi udienza?” chiese Luke affiancando la donna mentre si avviavano insieme lungo uno dei tanti corridoi che serpeggiavano, come in un enorme labirinto, in seno all'edificio.
    Mon Mothma concesse a Skywalker un'occhiata più lunga del solito. Aveva di fatto visto crescere sia Leia che Luke anche se i due avevano preso strade diverse. Non era certo sorda al valore di quel giovane Jedi al quale la neonata Repubblica se non doveva tutto, poco ci mancava.
    “Ma certamente, Maestro Skywalker. Mi segua pure nel mio ufficio privato” disse in tono cordiale e pacato tornando ad osservare, con una parvenza fintamente distratta, le persone che incrociavano lungo il cammino. Luke annuì brevemente e i due non si scambiarono altre parole sino a quando non si ritrovarono uno di fronte all'altra, seduti nel salottino privato della Senatrice, davanti ad una fumante tazza di Tè tedosiano. Con un cenno della mano la donna invitò il Jedi ad iniziare il discorso. Luke era troppo abituato a mascherare le proprie emozioni dall'addestramento Jedi per far trasparire il nervosismo che purtuttavia lo pervadeva. Per un istante ebbe il timore di avere forse sbagliato a tentare quell'approccio con la Senatrice ma subitamente fu consapevole che non aveva altra possibilità per arrivare a … capire.
    “Senatrice, perdonatemi ma sto cercando di recuperare più informazioni possibili al riguardo dell'organigramma e della struttura politico-diplomatica della Vecchia Repubbica ed in particolare del Senato Galattico e dei rapporti tra esso e l'Ordine dei Jedi in modo da aggiornare e, quanto più possibile ottimizzare, gli holocron del database Jedi disgraziatamente andati in gran parte distrutti, o perduti, nei bui anni del governo di Palpatine” iniziò a dire, cercando di non spostare subito sul personale la conversazione, giusto per tastare la disponibilità dell'anziana donna.
    Mon Mothma annuì brevemente, sorseggiando il suo tè, facendo cenno al giovane Jedi di proseguire.
    “So che è reperibile presso il protocollo generale della Cancelleria Senatoriale un database aggiornato e completo con tutti i rapporti relativi alle sedute Senatoriali ante Impero e della corrispondenza diplomatica e non con l'Ordine Jedi. Tuttavia so che non è possibile accedervi senza un permesso speciale. Sarebbe per voi possibile fornirmi questo permesso?” chiese in tono pacato il giovane.
    La senatrice si concesse un breve quanto significativo sorriso.
    “Quel permesso potrebbe ottenerlo alquanto facilmente da sua sorella, il Cancelliere Leia Organa Solo” soggiunse infatti sapendo bene che il Jedi si era certamente aspettato quell'osservazione ed aveva sicuramente delle valide ragioni per cercare di “aggirare” la sorella.
    Luke si limitò a dire, con estrema praticità.
    “In effetti all'apparenza sarebbe più comodo ma non vorrei metterla in difficoltà con il Senato, e alcuni zelanti segretari protocollari, scomodando il Cancelliere in persona per avere il consenso di visionare un semplice data base”.
    La donna restrinse gli occhi fissando, per un lungo istante, lo sguardo azzurro limpido e pacato del Jedi che le sedeva di fronte.
    “Capisco. Tuttavia ho la sensazione che il problema sia un altro. Il Cancelliere potrebbe fornirle l'accesso ai file ma non potrebbe rispondere alle domande che da essi potrebbero derivare. E' corretto?” osservò alla fine mostrando notevole acume.
    Luke sorrise brevemente, a conferma dei sospetti della donna, aspettando la sua decisione. Mon Mothma si rilassò contro lo schienale del divano e con un cenno di assenso non negò al giovane Jedi il proprio aiuto.
    “Non è necessario un visto speciale, Maestro Skywalker, provvederò personalmente a far pervenire una copia completa dei file al Tempio Jedi così che possiate inserirla nella vostra banca holocron. Non esitate a contattarmi ancora qualora vi occorressero delucidazioni o chiarimenti. Nei limiti del parco tempo disponibile sarò lieta di discuterne con voi”.
    Luke apprezzò sia la disponibilità della donna che la sua pacata riservatezza con la quale non aveva sondato oltre sulle ragioni della sua richiesta. Tuttavia Luke sapeva già cosa voleva chiedere, quale argomento gli premeva maggiormente approfondire.
    “A dire il vero, Senatrice, c'è un argomento in particolare sul quale mi piacerebbe discutere con Voi e che forse non troverà soddisfazione analizzando quei file” iniziò a dire con un lampo di determinazione nelle iridi celesti.
    Al cenno d'assenso della donna proseguì deciso. “Senatrice, avete conosciuto mio padre?”.
    Un velo di tristezza attraversò le iridi d'agata dell'anziana donna. Aveva nutrito il sospetto che potesse trattarsi di qualcosa di così personale e... doloroso.
    “Sì, ho conosciuto colui che portava il nome di Anakin Skywalker ma superficialmente, quanto un diplomatico può conoscere un Jedi. Conoscevo meglio vostra madre” si limitò a dire, osservando la reazione del giovane.
    Luke ebbe un fremito interiore. La risposta della senatrice smorzava la sua speranza di fare luce sul passato del padre ma apriva nuove prospettive. Era andato da lei per sapere qualcosa su Anakin e invece gli si prospettava la possibilità di scoprire qualcosa su sua madre. Era stato talmente concentrato a perseguire lo scopo di aiutare Leia a comprendere il padre che non si era soffermato a pensare che, forse, scoprire la via che aveva condotto la madre di entrambi ad amare Anakin poteva essere la risposta a tutti i loro perchè.
    “Ve ne prego, potreste parlarmi di lei?” chiese pacatamente.
    Mon Mothma si alzò in piedi, con un gesto elegante ma stanco, avvicinandosi alla luminosa vetrata di permacciaio trasparente che dava sul traffico brulicante di Corruscant, il vestito color ghiaccio che indossava la faceva apparire fragile ed eterea.
    “Padmé Amidala Naberrie, questo era il suo nome, è stata una grande Regina per il suo popolo nel suo pianeta di origine Naboo e in seguito una grande Senatrice in rappresentanza di esso. Una donna molto determinata, caparbia ma dolce e sensibile. Meglio di me la conosceva Bail Organa, il padre adottivo di vostra sorella Leia, perito nella distruzione di Alderaan. Fu una gravissima perdita quando ella morì. Ricordo che fu proprio il giorno in cui Palpatine si autoproclamò Imperatore e il Tempio Jedi venne disrutto da Darth Vader”.
    Luke provò un profondo senso di rimpianto nel sentir pronunciare il nome della madre e nel sentire rimembrare la sua tragica fine proprio il giorno in cui il padre aveva dannato se stesso ma la Senatrice era ormai persa nei ricordi e non si curò della sua reazione, proseguendo nel suo racconto. Il tono di voce che sembrava provenire da lontano, da un altro tempo.
    “Quando voi arrivaste a combattere al fianco dell'Alleanza Ribelle fu una sorpresa scoprire il vostro nome: Skywalker. Fu in quel preciso istante che compresi che voi eravate il frutto dell'amore proibito tra Padmé ed Anakin ed ebbi pietà del vostro destino”.
    Il giovane Jedi annuì brevemente, consapevole del significato delle parole della donna. Il suo destino era stato infatti quello di affrontare il padre ed era stato uno scontro durissimo.
    “Senatrice, perchè dite che si trattava di un “amore probito”?” chiese tuttavia disorientato. Quel termine lo preoccupava. Cos'era successo tra Anakin e Padmé? Non riuscendo più a stemperare il nervosismo rimanendo seduto su quel divano, Luke si alzò a sua volta e raggiunse la sua interlocutrice. Mon Motma gli donò un sorriso triste.
    “Ai Jedi era proibito amare, questo era uno dei precetti fondamentali dell'Ordine e del Cavalierato Jedi. Una senatrice che si fosse legata ad un Jedi avrebbe dato scandalo, essendo essa stessa causa della espulsione del Cavaliere dall'Ordine. Questo però non li fermò. Si sposarono in gran segreto occultando il loro legame. Un segreto che non fu tale, tuttavia, per quattro persone che, per ragioni diverse, tennero ugualmente il matrimonio celato” spiegò pacatamente.
    Luke stava ancora cercando di metabolizzare il fatto che i suoi genitori erano stati costretti a tenere nascosto il loro amore quando focalizzò l'importanza di comprendere chi fosse al corrente del segreto, e perchè.
    “In quattro?” chiese pertanto, in tono deciso ad intendere che era intenzionato a scoprire di chi si trattasse.
    Mon Mothma annuì, comprendendo il bisogno di … sapere del giovane Jedi.
    “Io, Bail Organa, Palpatine e il Maestro Kenobi. Da quel che so i due, tuttavia, erano convinti di essere riusciti a nascondere piuttosto bene il loro matrimonio avvenuto su Naboo nella tenuta dei Naberrie. Matrimonio celebrato all'inizio della Guerra dei Cloni. Io e Organa lo scoprimmo, invero, per vie traverse e non subito. Palpatine, essendo stato Senatore di Naboo, non deve avere avuto particolare difficoltà a scoprirlo anche se per sue motivazioni non lo rese mai noto né al Senato né ai Jedi. Di Maestro Kenobi non so quando lo scoprì e non so neanche come ma quello che so per certo è che era al fianco di vostra madre il giorno che lei morì dandovi alla luce”.
    Luke si sentì quasi sopraffare da tutte quelle notizie, forse in fondo suo padre aveva ragione, forse non era così pronto come pensava per scoprire sino in fondo la verità del passato. Quante cose lo stesso Obi-Wan continuava a tenergli nascoste? Magari per non farlo soffrire, o magari per quella sua pacata filosofia del "dipende dai punti di vista". Forse si stava inoltrando in un terreno intriso di amare scoperte che con tutta probabilità era meglio ignorare. Forse .. ma quell'attimo di indecisione durò solo un istante. Lui doveva sapere, ormai non avrebbe più fatto marcia indietro. Con risolutezza chiese deciso.
    “Le ragioni di Palpatine non dubito di poterle attribuire ai suoi piani come Sith e come Imperatore ma le vostre mi piacerebbe conoscerle direttamente da voi”. Tralasciando che sospettava già di conoscere quelle di Obi-Wan.
    Mon Mothma non si tirò indietro e, invitando Luke a sedersi nuovamente sul divano, riprese a parlare.
    “Stimavo troppo le capacità di vostra madre per metterla in difficoltà con il Senato e l'Ordine dei Jedi. Sarebbe stata una gravissima perdita per tutti noi se lei fosse stata allontanata dal suo ruolo pubblico e politico. Fu fondamentale per noi quando ella decise di entrare a far parte del corpo dei Lealisti, l'anticamera dell'Alleanza Ribelle, che volevano opporsi in Senato ai continui emendamenti promossi da Palpatine volti in realtà a limitare sempre di più le libertà individuali. Era talmente leale nei confronti della democrazia che accettò pur sapendo di mettersi in una posizione scomoda e delicata” il tono della donna era chiaramente ammirato e manifestava apertamente la simpatia e l'affetto che ella aveva provato per Padmé.
    “Perchè dite che l'aderire al comitato lealista l'avrebbe messa in difficoltà?” chiese Luke sempre più interessato. Quanti tasselli del puzzle stava recuperando, il come riordinarli sarebbe stato un compito che avrebbe assolto in un secondo momento, ora era importante recuperarli.
    “Vedete, vostro padre, Anakin era notoriamente molto amico del Cancelliere, che spesso lo aveva sostenuto anche innanzi al Consiglio dei Jedi. Palpatine arrivò a promuoverlo direttamente, sul campo, Generale durante la Guerra dei Cloni e a nominarlo come suo rappresentante personale in seno al Consiglio stesso, imponendolo di fatto ai Jedi che non gradirono affatto l'ingerenza del Cancelliere. Questo finì con il mettere Anakin, politicamente parlando, in una ben scomoda posizione va riconosciuto. Palesemente la posizione “politica” di Anakin, al servizio di Palpatine, e quella assunta da Padmé coi lealilsti poteva dare origini a tensioni tra i due ma nonostante questa consapevolezza la Senatrice Amidala accettò ugualmente di unirsi a noi. Deve anche comprendere Luke che i tempi erano diversi. C'era una guerra in corso che nessuno pareva sapere come fermare. Il Cancelliere era stato rapito dai Separatisti ed erano stati proprio Maestro Kenobi e vostro padre a liberarlo. Per Anakin scoprire di avere in famiglia qualcuno che, anche se solo sul piano politico, remava contro Palpatine poteva alimentare un pericoloso terreno di scontro, specie considerata la notoria lealtà che Anakin riservava ai proprio amici”.
    Luke annuì brevemente. Certo non era facile comprendere quegli eventi e quelle decisioni non avendole vissute di persona ma iniziava ad intuire come Palpatine avesse tessuto una trama molto abile di potere e inganni intorno ai Jedi e soprattutto intorno a suo padre.
    In quel mentre l'interfono dell'appartamento trillò. Con un gesto di scusa la Senatrice si accostò e scambiò rapidi parole con l'interlocutore prima di tornare sui suoi passi e, con uno sguardo dispiaciuto, annunciare “Mi duole interrompere questa conversazione, Maestro Skywalker, ma il dovere mi chiama. E' stata convocata una seduta straordinaria per discutere l'ultimo emendamento promosso dalla Lega dei mercanti di Todaria”.
    Luke annuì brevemente. Aveva già rubato troppo tempo alla Senatrice, senza contare che aveva comunque ottenuto molte informazioni anche se non certo le risposte a tutte le domande che lo assillavano.
    “Comprendo perfettamente, Senatrice. Vi ringrazio per il tempo concessomi e per le preziose confidenze di cui mi avete reso partecipe” rispose chinando il capo in un gesto di ossequioso saluto.
    Mentre lo accompagnava alla porta, Mon Mothma soggiunse serenamente “E' stato un piacere, Maestro. Entro questa sera vi farò avere la copia dei dati che avete chiesto”.
    Luke annuì nuovamente prima di uscire dall'appartamento della senatrice ed avviarsi, deciso, al Tempio Jedi.

    Meditava ora Luke che sicuramente con quei dati in suo possesso avrebbe potuto ricostruire con una certa approssimazione gli eventi antecedenti la sua nascita e i rapporti intercorrenti tra Jedi e Senato e forse capire meglio l'antico Ordine ma una cosa gli era altrettanto chiara, se voleva capire qualcosa di più sul padre doveva conoscere non solo l'Ordine ma soprattutto il profondo rapporto che lo univa alla Senatrice Amidala e questo non lo avrebbe scoperto dai freddi dati di un database. Mon Mothma gli aveva dato un indizio, un inizio importante. Una volta analizzati quei dati avrebbe avuto modo di affrontare Obi Wan. Il suo maestro, a quel punto, non avrebbe più potuto esimersi dal dargli spiegazioni. Lui c'era, lui era con la madre in punto morte, lui aveva addestrato Anakin, lui … doveva sapere.
    - continua -
     
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